Pensieri in libertà
by Syrtico KM. – 17 maggio 2020
Silvia Romano è stata liberata. Dopo 18 mesi di prigionia è ritornata a casa.
La notizia che impazza in questi giorni è finalmente una buona notizia. Purtroppo non si percepisce solo gioia per la notizia ma anche disappunto per le sue scelte religiose.
Secondo le notizie diffuse, per 18 lunghissimi mesi Silvia è rimasta in sola “compagnia” dei suoi carcerieri. Non un altro essere umano al quale domandare conforto, non un’altra donna alla quale esprimere le sue paure… sola tra persone che l’hanno prelevata con la forza da un luogo dove era andata a portare gioia, solidarietà e affetto.
Per 18 mesi ha dormito sul pavimento. Per 18 mesi è rimasta abbandonata ai suoi pensieri… certamente non deve essere stato facile mantenere la salute mentale inalterata.
Ad un certo punto le hanno consesso alcuni libri da leggere.
Immaginate, sì soffermatevi un attimo ad immaginare. È solo un tentativo, sicuro che la nostra immaginazione sarà molto distante dalla concreta realtà vissuta dalla ragazza….
Una ragazza di 23 anni, rapita, in mano ad una banda di carcerieri e poche speranze per il suo futuro, solo qualche libro in mano. Tra cui il Corano. Poteva essere la Bibbia, poteva essere la Divina Commedia o Harry Potter.
Immaginate come possa aver vissuto la prima ora dopo il rapimento.
Il primo giorno.
Il secondo giorno. Il terzo giorno…
E poi il centesimo giorno…
Al rintocco del primo anno… Dopo 500 giorni di prigionia.
Dopo 12.900 ore!
Finalmente, dopo 18 mesi
Silvia Romano è stata liberata
Questa ragazza svela una forza sorprendente. Si rimane colpiti, storditi da tanta potenza manifestata, comunicata anche attraverso quel capo velato.
Dopo una tale esperienza si può essere psicologicamente demoliti. Disintegrati. Frantumati.
E’ scesa dall’aereo, che l’ha riportata a casa, con una forza pacata, un sorriso dolce e uno sguardo pieno di meraviglia… sì meraviglia per ogni cosa o persona su cui posava i suoi occhi luminosi. In quell’abito verde che indossava c’era la sua voce ferma e chiara: “Questa sono io, fatevene una ragione, quella che preferite…”
Chi di noi “giudici” (nel bene o nel male tutti stiamo giudicando!) ha vissuto oltre 12.000 ore di prigionia, pensate quasi 800.000 minuti, pensando di non rivedere più i propri cari, la mamma, il papà, la sorella …o pensando di non poter più programmare il futuro, a soli 23 anni.
Mi ha colpito quello sguardo colmo di gioia pacata per la vita… quella vita che qualcuno, o tanti, o il Dio, al quale si è votata durante quella lunga spaventosa solitudine, avviluppata dalle sole braccia fredde e ruvide della paura, le ha accordato di continuare a vivere.
Tanti di noi, vuoi per stress, ansie, tensioni, anche quando abbiamo tutto e la vita è ampiamente generosa, non riescono ad avere quello sguardo grato per ciò che ci è stato concesso. È il male del vivere.
Colpisce l’immagine di una ragazza con un sorriso dolce e pulito, forse rivelatore di una incredibile, e per molti misteriosa, serenità interiore.
Eppure quell’immagine ha tirato fuori il peggio da tanta gente, così tante cattiverie… che alcuni custodiscono come il dono più prezioso da possedere e salvaguardare con maniacale cura.
Bisognerebbe esultare, festeggiare e anche versare lacrime di gioia per la splendida notizia, soprattutto in questo periodo tanto tragico per la pandemia globale che stiamo vivendo.
Persino in Aula della Camera sono state pronunciate parole impensabili; in effetti ormai c’è poco da stupirsi.
Sconcertante sentire il paragone tra l’abito di Silvia Romano e la divisa di un nazista indossata da un detenuto di Aushwitz che viene liberato. È sicuramente quanto di più spaventoso e terrificante, nel suo messaggio insito, si sarebbe potuto sentire. Allarma ancora di più che siano parole pronunciate da personaggi che ricoprono ruoli di direttori di giornali e che vantano ampi spazi televisivi e non da balordi leoni da tastiera.
“Ti presenti al Presidente del Consiglio con la divisa dei tuoi carcerieri. Mettiti un cappellino per coprire il capo, piuttosto. Vai a casa e da domani fai l’islamica tutta la vita, chi se ne frega! C’era l’Italia ad aspettarla“. Eh sì! Le apparenze sempre davanti a tutto, soprattutto dopo 18 mesi di prigionia, 540 giorni di terrore, 12.960 ore di prevaricazione, 777.600 minuti di coercizione.
Forse aiuta di più provare ad immaginare 46 milioni 656 mila secondi trascorsi nelle mani di uomini armati e violenti, in zone del mondo che non vantano il primato della modernità, dell’igiene, della cultura, del rispetto per le donne, del rispetto per l’essere umano in generale. Lei sopraffatta dalla solitudine più totale e in condizioni estremamente precarie… in compagnia di alcuni libri.
Anche il personaggio più vuoto riuscirebbe ad intuire il potere di quei libri, specialmente in quel contesto.
Ci sono persone che non potranno mai capire certe sfumature dell’animo umano, ma questo non dà il diritto alla denigrazione. La libertà di parola non deve autorizzare la maldicenza eppure tanti balordi dietro una tastiera continuano ad infierire. Persone che non possiedono il dono del rispetto ma soprattutto dell’empatia. Quel raro dono di riuscire a “sentire” un altro essere umano.
Allora direi, gentile Signore, per gioco, così, proviamo ad invertire le sue parole, cambiamo i soggetti e i personaggi: “Ma ti presenti alla gente. Agli spettatori e i lettori con l’aura che il tuo mestiere di concede. Metti un freno alla lingua, piuttosto. Vai a casa e da subito, perché aspettare domani! C’era l’Italia ad ascoltarti.”
Silvia Romano, o Aisha, libera di essere chi vuol essere per vivere una vita degna di essere vissuta, ha vinto sulla paura e vincerà anche sulla matta bestialità di certi individui.
Bentornata a casa cara ragazza.